La Domenica delle palme

Ieri mi è stato detto che un coro si sarebbe esibito in una chiesa di Pisa in occasione della Domenica delle palme; i canti erano alternati alla lettura di brani dalla Passione secondo Marco: incuriosita, sono andata per ascoltare la musica ma ho finito con il soffermarmi sul testo.

Io sono estremamente ignorante in campo religioso: le mie conoscenze sul Cattolicesimo si basano sulla lettura della Bibbia dei piccoli, per le altre religioni la fonte principale sono gli episodi dei Simpson allusioni culturali random e qualche evento storico correlato.
Per l’appunto l’unico episodio, tra Vecchio e Nuovo Testamento, che mi sia mai rimasto impresso è la famigerata Passione, di cui vidi da bambina un adattamento a cartone animato in TV.
Ma oggi, mentre ascoltavo quelle descrizioni solenni, un po’ distaccate, dal sapore manzoniano, il motivo mi è stato chiaro: perché parla della meschinità delle masse, dell’accanimento, dei comportamenti pecoroni e della capacità che ha l’uomo di incanalare l’odio di molti e dirigerlo verso un singolo.
La Bibbia dovrebbe parlare di quanto è buono Dio, della grandezza divina. Trovo invece che, se il Vecchio Testamento parla di quanto Dio sia lunatico, di quanto sappia essere crudele e capriccioso, il Nuovo Testamento descrive quanto sono malvagi gli uomini, esalta la pochezza umana.
E questo va a far parte della dottrina del senso di colpa, di cui il mio amico Matteo, vessato da una tizia piuttosto invadente della sua parrocchia, mi ha fatto una descrizione puntuale.
La contraddizione sta nel fatto che tutto l’aggregato e la sovrastruttura (per dirla come Marx) del Cattolicesimo si regge su un tremendo senso di colpa per essersi comportati all’opposto di come il Cattolicesimo stesso (o perlomeno correnti dell’Ebraismo) predicava di fare.

Non era una novità che un gruppo di persone se la prendesse con qualcuno: per me leggere della morte di Socrate nel Fedone al liceo è stato commovente.
Stavolta, riascoltare e rileggere il trattamento subìto da Gesù mi ha riportata egoisticamente all’atmosfera di inspiegabile ingiustizia che ho vissuto da bambina quando (più di una volta) ho avuto la (s)fortuna di incontrare bull*. Ci avrei riso sopra, se non fosse stato che nel rancore del popolo aizzato ho rivisto i processi alle streghe nel Medioevo, il che mi ha reso evidente come gli errori si ripetano senza che apparentemente le dinamiche dei gruppi pecoroni cambino di una virgola. Se esistono le altre vite, io in un’altra vita devo essere stata una strega bruciata sul rogo perché mi è venuto da piangere.

Sembra che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato nelle dinamiche che si creano tra n persone (con n variabile da gruppetto a folla). A tal proposito consiglio di leggere le ironiche descrizioni che Lemony Snicket fa della cittadinanza nel settimo libro di Una serie di sfortunati eventi: Il vile villaggio.

Si ringrazia chi non farà battute sulla mia data di nascita.

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